Concordati di fine guerra tra i Cristiani

Artemio dopo aver visto che nessun Sovrano ha pronunziato nessuna offerta per la spartizione fa la seguente richiesta: <Il mio Sovrano mi ha dato istruzione di richiedere che sarebbero congrui 15 Cavalieri, per poi far ritorno in Patria>. Detto questo attese il parere dei Sovrani.

Durante, sentite le parole del valido comandante siculo rispose prontamente: "Per quanto ritenga la vostra proposta più che accettabile preferisco rinunziare al dono del re Ungherese: la liberazione delle terre di Cristo dall'infedele è stato per me somma obbedienza al Pontefice e dunque a Dio!".
Avendo dunque onorevolmente rinunciato annunziò: "Intendo ripartire nell'immediato per Montaperti e subito poi dirigermi a Roma ad accogliere l'invito del Santo Padre. Vi attendo lì per la celebrazione della nostra vittoria!!!"
Detto questo salì sul suo destriero e ripartì con gli uomini alla volta della sua flotta e con questa salpò verso il Mar Nero e di lì arriverà al porto veneto di Ragusa. Dunque risalirà la costa dalmata, passerà trionfalmente per Milano e scenderà sino alla sua Toscana.

Re Alfonso è seduto al tavolo delle trattative. Ascolta silenzioso gli
altri per poi, sol ora intervenire<Il Portogallo ha perso 5 cavalieri
e chidiamo 5 cavaliere per colmare il vuoto>dice serio mentre uno
sguardo verso Artemio strozzando una risata<15 addirittura?>se non
fosse stato per i Portogallo a Durazzo col cavolo che avrebbero
catturato una principessa momettana<Signore, regola dice che i primi a
parlare siano i re consacrati... voi siete un nostro pari? e si di che
regno avete la sovranità>il tutto in tono molto sacastico< Forse
15 cavalieri, generale?> Alfonso parla con la sicurezza di un re
consacrato. <Il Portogallo avrebbe dovuto richiederne 10 volte tanto altro che 15... stando al rapporto se non era per i miei generali la principessa e la ritirata moresca ve la sognavate. La prossima volta , generale, attendete chi è stato consacrato da Dio che apra le danze in un tavolo di trattative>

Artemio fà presente ad Alfonso III che i cavalieri Siculi caduti sono più di 30. Poi dice < Riccardo I mi ha dato ordine di tornare in Patria con o senza Cavalieri ed è ciò che farò, io non avrei catturato la principessa, ma gli avrei tagliato la testa...>. Artemio andò via ma prima diede a ciasun Regnante un messaggio scritto da Riccardo I con quale li ringraziava per la collaborazione in guerra e che avrà il piacere di incontrarli a Roma dove si sta dirigendo.

Torna a voltarsi verso Artemio e lo osserva severo e altero<Infatti ringraziando al cielo non a voi siculi si è arresa la principessa... il mio generale mi ha scritto del piccolo scontro tra voi due>uan apusa mentre chiama il suo segretario e gli sussussa qualcosa< Spero, generale, che il vostro sovrano si voglia scomodare di farsi vedere a Roma, se no per rispetto dei suoi pari almeno per onorare il Santo Padre. La Principessa ora è in custodia portoghese ringraziando il la Vergine> detto ciò si alza <Andiamo verso Zara>e co il suo esercito galoppa verso Zara dove vi è la flotta.

Enrico I attende, ma quando la discussione tra il generale siculo e il sovrano portoghese inizia ad inasprirsi, Enrico I si alza e prende la parola dicendo:<Signori! Un'altra volta? Pensavo che la discussione fosse stata conclusa con la cessione di Fatwa ad Alfonso III. Se è la spartizione che vi turba avrei una soluzione: i cavalieri saranno spartiti in base alle perdite. La Sicilia, che ha subito più perdite, prenderà 40 cavalieri, l'Inghilterra 20 cavalieri, la Francia 15, Navarra 20 e il Portogallo 5, come richiesto dal sovrano Alfonso III. Spero che questa spartizione vada bene a tutti.>. Detto questo Enrico I rimase in silenzio, guardò i membri ancora rimasti nella stanza e continua dicendo:<Se non vi è chiaro, la nostra vittoria sull'infedele è stata ottenuta dagli stati della "Res Publica Christiana" uniti, e non divisi. Perché creare conflitti tra noi?>. Detto questo Enrico I chiama la sua scorta e si incammina verso la porta e, mentre usce, dice:<Ci vediamo a Roma, io sono diretto lì.> e si incammina per dirigersi a Roma.